Corso di Counselling: un altro tassello per la Chirurgia Pediatrica

Corso di Counselling: un altro tassello per la Chirurgia Pediatrica

Quando il professor Gamba, qualche mese fa, ci ha parlato di questo progetto, ci siamo subito entusiasmati e abbiamo deciso senza alcun dubbio di sostenerlo come Associazione Puzzle: un corso di Counselling per medici, infermieri, anestesisti e tutto il personale del reparto di Chirurgia Pediatrica dell’Ospedale di Padova.

Perché tanto entusiasmo per un corso? Perchè non è un semplice corso di formazione. Perchè saper comunicare “bene” con genitori e pazienti è un elemento chiave della relazione, talvolta breve, che i medici della Chirurgia Pediatrica instaurano con loro ed è importante saperla gestire al meglio. Perché non è banale e scontato saper comunicare in situazioni in cui i genitori e i bambini vivono momenti di tensione particolare e in modo assolutamente diverso. L’empatia, di cui si sente spesso parlare, è la chiave di volta per una relazione efficace.

Ringraziamo il professor Gamba che ci ha regalato un breve resoconto di queste due sessioni di corso, che ha coinvolto 55 persone (su 80 totali) e i partecipanti che hanno scritto un loro pensiero sull’esperienza vissuta durante il corso.

Buona lettura e grazie a tutti voi che avete reso possibile questo progetto!

 

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Cari amici e sostenitori di Associazione Puzzle.

un ringraziamento sincero e un breve resoconto del corso di counselling che avete sostenuto e sponsorizzato per il reparto della chirurgia pediatrica, “Il counselling in Chirurgia Pediatrica: Un tesoro da scoprire”.

Corso Counselling Chirurgia Pediatrica Padova

Perché avevamo proposto questa iniziativa? Perché pensiamo che tutti noi che “operiamo” con bambini “malati” e con famiglie provate dall’incontro con eventi medici spesso inaspettati e sicuramente fonte di ansia e dolore, dobbiamo sempre più imparare a “comunicare” bene, a comunicare semplice, a comunicare entrando in empatia con chi ci sta attorno.

Il modo di comunicare bene si basa, innanzitutto, sulla conoscenza delle malattie, ma poi l’aspetto più importante è la “disponibilità” ad ascoltare e adeguare la comunicazione alle diverse caratteristiche di chi ci sta di fronte.

“Il Counselling in Chirurgia Pediatrica ha due colonne: i processi di Advise e quelli di costruzione di percorsi di cura centrati sul paziente e la sua famiglia (approccio Person- and Family Centered Care-(PFCC).

  1. Per Advise si intende l’insieme delle informazioni date dal medico alla famiglia, in un linguaggio e con modalità comprensibili all’interlocutore, tanto da fare comprendere la patologia di cui è affetto il bimbo e gli strumenti sanitari e comportamentali più idonei per risolverla.
  2. Il PFCC si avvale della abilità di Advise puntando a fare sentire il paziente e la famiglia al centro dell’attenzione, a “riconoscerli” nella loro unicità di persone, a realizzare azioni in cui si sentano rispettati anche se di idee, razza, religione diverse, in un’approccio in cui sia esclusa ogni forma di paternalismo.Il modello PFCC si basa sui seguenti principi:
  1. a) l’assistenza è sempre ad una persona e non ad una patologia (entità nosografica) scissa da essa; b) per comprendere i bisogni del paziente non si può prescindere dal contesto familiare e socioculturale di provenienza;
  2. c) vanno valorizzate le risorse e le energie dell’individuo e del contesto, coinvolgendoli attivamente nelle scelte e nel processo di cura

Corso Counselling Chirurgia Pediatrica PadovaUn’ampia letteratura dimostra che l’applicazione sistematica del modello PFCC si traduce in una migliore assistenza sanitaria, più sicurezza, maggiore soddisfazione per il paziente, la famiglia e il medico, riduzione dei costi, maggiore efficacia terapeutica, riduzione degli errori e delle denunce per malpractice.”

Abbiamo quindi invitato il dott. Arigliani (pediatra) e la dott.ssa Bonato (psicologa) a guidarci in questo corso. La partecipazione del reparto è stata trasversale (chirurghi, anestesisti, infermieri, personale amministrativo) e  significativa come numeri (55 persone su un totale di 80) divisi in due corsi di 3 giornate tra maggio e settembre.

Corso Counselling Chirurgia Pediatrica PadovaSicuramente è stato un buon punto di partenza per migliorare l’aspetto di umanità e cordialità che vogliamo accompagni il nostro lavoro medico.

Stiamo studiando con la dott.ssa Bonato e con il dott. Arigliani un progetto di valutazione dei risultati e soprattutto una forma di studio della metodologia applicata alla chirurgia pediatrica.

E’ infatti la prima volta che questo metodo viene insegnato e applicato in ambiente di Chirurgia Pediatrica.

Vorremmo collegarlo anche all’ultima borsa di dottorato sponsorizzata dall’associazione e speriamo di avere   una più continuativa collaborazione con la dott.ssa Bonato a sostegno di tutto questo.

Professor Piergiorgio Gamba

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Riportiamo i commenti  di alcuni dei  partecipanti. 

Piergiorgio Gamba: una metodologia utile ad affrontare globalmente i problemi dei miei pazienti e relazionali. Richiede tempo e continua autocritica. Voglia di valutare scientificamente l’efficacia. Può ridurre i contenziosi e far andare a casa più tranquilli la sera.

Federica Grenga: un corso esperienziale. Temi costruttivi per me stessa e voglia di miglioramento con i pazienti e con chi mi sta intorno. Servito a riflettere e cercherò di guardare avanti in modo diverso ed illuminare chi mi sta attorno

Enrico La Pergola: consapevolezza che, sotto pressione, sono meno lucido. Incertezza di riuscire a mettere in atto le tecniche apprese con speranza che tutti noi professionisti possiamo applicarle non solo con pazienti, ma anche tra noi colleghi. Vorrei attuare un cambiamento che parta da me, cambiare il mio approccio verso i colleghi, rispettarmi, mettere dei paletti, dire quello che penso senza timore e cambiare il  io modo di reputarmi superiore nel rapporto medico-paziente.

Laura Della Putta: maggior consapevolezza di me e un?esperienza particolare che ha permesso di conoscere meglio anche i colleghi. Una visione “diversa” del mio modo di lavorare e di come attenzione e comunicazione possono cambiare il processo di cura. Ho capito alcune mie “incertezze comunicative”. Attuare più ascolto empatico e un approccio PFCC ; ma con paletti.

Elena Rocco: devo focalizzarmi sul “come sto” prima di entrare in relazione con il paziente. Esperienza impegnativa, quasi difficile con fiducia che il cambiamento sia possibile. Consapevolezza di essere sulla stessa lunghezza d’onda e creare un confronto sullo stesso piano.

Anna Maria Calefato: corso interessante. Ho capito cosa significa essere assertivo e l’importanza dell’ascolto in silenzio. Uno “sguardo” più allargato fa vedere cose diverse e cambiare le prospettive. Migliorare vla relazione soprattutto con i colleghi; usare sorriso ed energia per cambiare umore in ufficio.

Costanza Tognon:  il risultato di una buona relazione dipende anche e , forse soprattutto, da me, dal mio modo di fare e pormi con gli altri. Avere presente che dietro la freddezza o chiusura di certe persone si nasconde una necessità che è mio dovere provare a cogliere e risolvere. Non dare conclusioni affrettate e porre sempre un’altra possibilità. Vince sempre l’accoglienza, la ben-disposizione.  Autorità  non è autorevolezza e stima e considerazione vanno guadagnate e non date per scontate. Posso “contare fino a 10” ed essere più tollerante. Non raccogliere le provocazioni ma farne uno strumento per arrivare alle conclusioni prefissate. Il sorriso toglie il muro di incomunicabilità

Marilena Michelini: l’esperienza mi ha ricordato quanto sia importante in una relazione d’aiuto- ma non solo!- quanto sia importante l’ascolto, abbandonare i pregiudizi e svuotare la mente dai propri pensieri. Tenedere una mano,  non solo fisicamente.

Roberto Calore: il corso non è stato facile per gli argomenti trattati e per l’orario, ma sicuramente interessante. Molti spunti non saranno assimilati, ma rimangono il semaforo ed il bollettino meteo come concetti semplici ed esplicativi. Non è facile per carattere e per i pazienti che incontriamo avere un dialogo come spiegato, ma si può rendere vivibile.  Posso cambiare qualcosa nel dialogo con i colleghi mentre quello con pazienti è già limitato.

Moira Zaramella: corso interessante ma da approfondire. Dal mio punto di vista infermieristico è stato troppo incentrato sul colloquio clinico medico-paziente.  Posso cercare di presentarmi al lavoro con il sorriso ed il semaforo verde e non aver timore di dire alle persone che mi creano disagio in qualche modo.

Chiara Martin: esperienza utile che mi ha fatto riflettere su cose a cui nin davo troppa importanza. Soddisfare il paziente e la famiglia applicando determinati comportamenti è molto importante per trasformare un “evento traumatico “ in “costruttivo”, sia per il paziente , che per l’operatore sanitario. Cercherò di applicare quanto appreso anche per facilitare il mio lavoro e migliorarlo.

Luisa Meneghini: è stata un’esperienza umana importante perché ho conosciuto meglio alcune persone. Un ‘introspezione utile su quanto trasmesso, nel valutare i miei limiti con paziente, famiglia e colleghi. Pensavo che comunicare non fosse difficile , ma non consideravo fino in fondo la sfera umana dell’interlocutore. Ascoltare ha assunto un nuovo significato ed è stao importante il silenzio. Ogni persona ha qualcosa da offrire, basta coglierla.

Sandra Silotto: il corso è stato interessante, complesso,impegnativo a livello mentale. Può insegnare a controllare la nostra emotività, ansia, separare le nostre preoccupazioni. Devo concentrarmi su chi ho davanti e farlo sentire importante senza farmi coinvolgere emotivamente. Posso dare un aiuto concreto anche imparando a modulare il mio stato d’animo. Posso essere in grado di sintonizzarmi con le persone ed instaurare un rapporto empatico.

Francesca Favaron: mi porto consapevolezza di me e delle mie emozioni. Ascolto degli altri e di me e rispetto degli altri e di me. Posso focalizzare spesso il semaforo realazionale  e sperare di riuscire ad applicarlo.

Daniela Chinello: un bagaglio di informazioni enorme. Mi ha fatto molto pensare il concetto di assertività ed il rispetto per me e per l’altro. Non riesco ad aver rispetto di me stessa, penso solo agli altri anche  acosto che mi calpestino! Spero di avere più rispetto per me e per gli altri a casa e nel lavoro!

Francesca Grandi: una maggior consapevolezza di me stessa, in particolare di un maggior rispetto di me nella relazione con il paziente. Il semaforo e la necessità del tempo per ascoltare; non è tempo “perso in chiacchiere”; ma per creare una relazione di fiducia Metersi nei panni dell’altro e andarci a spasso per un po’, mettendo qualche  sano paletto qua e là. Starò molto più attenta al mio comune modus operandi e ad evitare i giudizi. Credo richieda molta più fatica e perspicacia ascoltare senza giudizi e voglio impegnarmi con ognuno dei miei pazienti.

Patrizia Dall’Igna: Conoscenza di ciò che è necessario per il counselling in termini più scientifici e non solo psicologici. Conoscenza del PFCC e sua importanza, i vari modi di essere assertivi ed empatici. In particolare ho colto l’importanza della domanda “come sto io?” che di solito non mi pongo essendo in grado di focalizzarmi subito sul bambino ed i suoi familiari, qualunque sia il mio stato d’animo. Sorpresa nel vedere le emozioni di alcuni di noi nelle esercitazioni. Ho margini di miglioramento amplissimi e conto di impegnarmi profondamente.

Loreta Baracco:  mi è servito a capire che spesso non prendo in considerazione il paziente nella sua globalità ,ma solo nella sua “patologia”, l’importanza dell’essere empatici e la difficoltà di interpretare in modo corretto quello che il paziente mi vuole comunicare e quanto sia difficile soddisfarlo pienamente. Porterò una riflessione su me, il semaforo ed il significato di assertività. Posso cambiare il modo di accogliere ed ascoltare il paziente.

Raffaele Bettio: alcune tecniche per affrontare situazioni varie nelle relazioni tra persone nella vita  enel lavoro.  Non temere di liberare le proprie emozioni e magari di venir giudicato. Il rammarico è che sarà difficile portare l’approccio in larga scala nell’attività professionale, cioè in tutto l’ambiente ospedaliero per vari fattori ( carenza personale; tempo, etc.…).

Savino Cariati: ho scoperto un nuovo efficace “modo di essere” nella relazione con paziente, familiari, colleghi e me stesso. Lo spunto è di approfondire il counselling, le idee prendono nome e si strutturano se3condo un’efficacia sperimentata in aula. L’utilità di mettersi a nudo a volte . Ho conosciuto meglio le persone con cui lavoro e quasi sicuramente posso portare cambiamenti.

Stefania Berto: la capacità di riconoscere che nel dialogo-scontro c’è una componente personale e anche il come sto io nella predisposizione all’ascolto dell’altro. Riuscire a distinguere i fatti senza giudizio e darmi tempo per essere più serena nella risposta nel rispetto dell’altro e di me statta. Cercare di capire un ‘esigenza nella globalità del gruppo e non solo del singolo per dare risposte sentendomi bene anche con me.

Giovanni Cecchetto: l’esperienza di tre giorni mi ha portato a vedere aspetti della vita relazionale e professionale sotto altri punti di vista. La necessità quotidiana privilegia maggiormente gli aspetti tecnici  e prartici della nostra vita che però deve essere vissuta considerando un diverso approccio con le persone che ci circondano e con noi stessi. Sicuramente porto via una riflessione per mgiorare i miei rapporti umani e per cercare di stare meglio con me stesso.  Potrà cambiare e migliorare in parte il mio sentire quotidiano e i miei rapporti con i colleghi e con i pazienti.

Ilda Becomando: ho avuto spunti di riflessione su come agisco, cosa penso, come interagisco nel gruppo. Osservato i diversi punti di vista sulle stesse tematiche. Cercherò di fare tesoro dell’esperienza per migliorare i rapporti interpersonali nel gruppo di lavoro, alcuni suggerimenti saranno utili anche nella vita quotidiana che non è solo lavoro! Un corso utile a prescindere!

Guendalina Mognato: mi ha insegnato a considerare me stessa e gli altri come “persone”, con diritti, doveri e dignità che deve sempre essere rispettata. Devo guardare dentro me stessa prima di affrontare il rapporto con l’altro, più sono consapevole, meglio riesco a relazionarmi. Tutto ciò mi aiuterà a costruire un’alleanza terapeutica più vera  e sincera.

Silvia Panizzolo: terminati questi tre pomeriggi intensi ma molto interessanti, sono convita che il mio approccio con la famiglia cambierà nettamente. Emozioni, sentimenti, gli atteggiamenti di genitore e bambino saranno il fulcro del mio saper essere e saper fare. Abbasserò i toni , la rigidità di certe procedure a volte inutili. Darò il tempo alle persone di parlare, comunicare , ma anche di stare in silenzio se è richiesto. E’ dovere cambiare nella mia esperienza professionale perché, grazie a questi tre pomeriggi e qualche lettura personale sul counselling, credo pienamente che le persone, nella loro interezza, possano darmi molto e ricevere da me altrettanto.

Cristina Zaggia: la consapevolezza che il mio sentire possa essere determinante nella relazione con l’altro. Posso cercare di cambiare me stessa, accrescendo abilità, competenze e conscoenze con la consapevolezza di poter essere promotrice di cambiamento attraverso l’esempio.

De Marzi Maria: la consapevolezza della relazione medico-paziente e la comunicazione come sua componente . La comunicazione deve essere professionale ma l’utente deve sentirsi accolto, non giudicato, deve percepire di essere visto come persona e non come patologia e sentirsi accettato.  Così si crea un clima facilitante, di fiducia che libera anche l’utente per fare le sue scelte. Posso sostituire l’approccio paternalistico con il paziente con uno facilitante per il suo empowerment. Ho individuato alcune barriere della comunicazione nel mio modo solito di lavorare che mi propongo di rimuovere. Mi attira l’approccio empatico, il provare a vedere il mondo attraverso i suoi occhi anche se in dissonanza con me.

Francesca Mungo: rivedere la procedura PFCC è sempre stimolante  alivello professionale , ma anche nella vita personale per migliorare il mio stile di vita e la mia auto-realizzazione a 360°. Applico l’approccio nelle mie attività di medico, ma mi convinco sempre di più che serva restare umili e mettersi sempre in discussione migliorando l’ascolto poi e le abilità di shadowing.  Riconosco il rischio di scivolare nel burn-out e mi propongo di aggiornare un elenco delle problematiche della quotidianità ambulatoriale e anche burocratiche connesse.

Francesco Fascetti Leon: Mi porto via la piena disponibilità ad impostare il lavoro su basi sempre più ampie di counselling. Consapevolezza della necessità di auto-analisi per la performance professionale.

Genni Montemezzo: Ho imparato i miei limiti soprattutto nell’ascolto e il silenzio come fonte di messaggi e significati. Ho compreso il tipo di persona e di medico che non voglio essere! Il corso è stato molto utile: ho imparato 100 e se riuscirò ad applicare anche solo un 10 sarà un grande successo personale…

Maurizia Grazzini: Ho compreso l’importanza del mio stato d’animo quando ho di fronte paziente, collega (ma anche marito!) e di come ascolto e empatia siano essenziali nel colloquio clinico.

Simonetta Lunardelli: Un grazie perché mi avete aiutato a comprendere come l’essere sensibile, non sia di per se un difetto ma, se gestito adeguatamente, possa divenire una risorsa. Ha focalizzato su come spesso il silenzio, uno sguardo, un contatto valgano più di tante parole… Mi concentrerò di più nel vedere ed ascoltare i pazienti, ma, soprattutto, i colleghi.

Ana Maria Cotun: Ho voglia di approfondire l’argomento di confrontami maggiormente con i colleghi,  e ho necessità di riflessione.

Anna Gottardo: Mi porto via molti stimoli, idee per nuovi progetti. Voglia di creare un nuovo gruppo multidisciplinare per migliorare la comunicazione con i genitori. Ho provato una grande emozione per sincerità ed emozioni del gruppo. Unico rammarico è il poco tempo previsto per questa marea di informazioni, consigli, “trucchi”: sarebbe servita una settimana!

Barbara Arabelli: Ho acquisito la consapevolezza di maggiori possibilità di parole, discorsi nell’interazione tra me ed il paziente- utente- collega.

Federica Zanella: Mi porto via la voglia di mettere in pratica quanto appreso e approfondire. Migliorare il rapporto/ comunicazione con colleghi e pazienti. Più attenzione all’ambiente quando comunico.

Elisa Mancini: Mi porto via nuova consapevolezza dell’importanza della relazione, dell’ ascolto dell’altro, di come lavorare su me stessa per una migliore comunicazione. Questo Corso ha anche rafforzato la conoscenza del gruppo come persone, non solo come “lavoratori”…GRAZIE

Ygor Fontolan: Una profonda riflessione sul mio rapportarmi con il prossimo.

Chiara Rampazzo: L’accoglienza è  di sicuro un punto in cui potrò intervenire in modo positivo. A livello personale molti spunti per creare un dialogo migliore con colleghi e famiglia.

Alberto Sgrò: Mi porto via la consapevolezza di come sia utile fermarsi un attimo e mettermi nei panni degli interlocutori- anche se vorrei che loro si mettessero nei miei- Trovare un punto di incontro. Il counselling come incontro del paziente in toto e non solo della sua malattia. Trovare l’equilibrio tra fare il medico e fare lo scienziato.

Elisa Buggin: Ho appreso come approcciare efficacemente il bambino ed il genitore e come invece non comportarsi! Non avere pregiudizi sui genitori e considerare il diario emozionale di ognuno. Far rispettare i tempi dell’accoglienza in sala operatoria. Domandarmi come mi sento oggi.

Fabio Tammiso: Una riconferma delle capacità comunicative che quotidianamente devo utilizzare nel mio lavoro. Una maggior valutazione e auto-valutazione della mia figura professionale in reparto.

Federica De Corti: Spunti per letture e migliorare le mie capacità di comunicazione. Maggior attenzione e consapevolezza per instaurare un vero rapporto di partnership. Con il lavoro di gruppo possono emergere dei miglioramenti collettivi con risultati interessanti se ci daranno i mezzi.

Sonia Maita: Mettere a suo agio il paziente per vivere al meglio la malattia, ma anche il periodo di degenza. Il rapporto con tutto il personale sanitario è importante quasi quanto la cura del problema medico.

Loretta Zanchetta: Desiderio di modificare l’approccio con i pazienti……..le persone non sono solo costituite di materia, ma anche di emozioni!

Rim Kiblawi: Ho imparato a “dare colore” al mio semaforo relazionale. Inaspettatamente…si può ascoltare per apprendere, ma anche per dare e ricevere. Mai sottovalutare setting ed accoglienza. Non giudicare! Ringrazio il professore per i concetti espressi, presenti ma mai consapevolizzati e la dottoressa per i suoi continui sorrisi- molto confortevoli.

Bertilla Ranzato: Il counselling è una scienza che va studiata che fornisce armi potentissime che semplificano il lavoro quotidiano. La relazione, al pari delle terapie, deve far parte del processo di cura. Cambiamenti nel quando- dove e come comunicare e stabilire gli attori.

Stefania Michelon: Consapevolezza della comunicazione, dell’ascolto delle mie disponibilità. Desiderio di cambiare alcune abitudini.

Giacomo  Scapin: Importanza di prendere consapevolezza del tempo a disposizione e di cosa farne al meglio. Ogni tanto salire su un albero e guardare….dove si sta andando e dove si vuole andare. Vale la pena provare…è crescita e valutazione!

Rita Penello: E’ un argomento interessante, ma non credo bastino tre pomeriggi per risvegliare le coscienze. Spero di mettere in pratica iniziando da me stessa, con più profondità sulla mia persona per poi affrontare la relazione con l’altro.

Diego Turato: Credo che siamo solo all’inizio. Grazie ancora di cuore per la rivisitazione degli argomenti del counselling. Servirebbe più tempo. Il gusto e la bontà del percorso proposto  può essere un’ulteriore occasione per diventare sempre più noi stessi. Sempre in cammino con una tensione al divenire, ma radicati nel qui e ora.

Alice Pasquato: La cura guarda alla complessità del bambino e della famiglia anche nel suo essere emozionale. Nelle cure è coinvolto tutto il team che deve riconoscere procedure relazionali per avere alleanza.

Giorgia Paesotto: Questo corso ha suscitato in me, persona prima che professionista, emozione. Mi ha permesso di conoscere una tecnica che non è demandata al “buon cuore”, ma che ha l’obiettivo di migliorare il benessere del paziente e del luogo di lavoro partendo dal benessere anche degli operatori stessi. Mi porto il desiderio di mettere in atto quanto appreso e di diffondere l’importanza del tema ed il miglioramento che può apportare.

Salvatore Metrangolo: Realizzare, con certezza, una forma di comprensione reciproca- medico e paziente. Penso al consenso informato e a come andrebbe gestito nella comunicazione, temi e setting. Serve una palestra in più per noi sanitari. Dobbiamo essere aiutati ad imparare la gestione dei rapporti con i pazienti, le famiglie e tra noi in occasioni didattiche più fruttuose.

Valentina  Fiorin: Mettere il paziente in condizione per sviluppare alleanza ed empowerment. Essere un facilitatore e non decidere in modo paternalistico. In questo processo sono importanti tutti i sanitari.

Chiara Busana: Le persone che si rivolgono a noi hanno bisogni non solamente di Sanitari. Favorire la comunicazione senza giudicare l’altro, cercando di farmi capire e rispondere a domande e bisogni al meglio.

Maria De Marzi: L’importanza della ridefinizione della figura del medico- non paternalistico. Porto il concetto di empatia per comprendere a fondo le richieste esplicite ed implicite del paziente, i suoi valori, le sue priorità.